Marinai superstiziosi e insoliti animali da guardia.

Da quasi due mesi oramai Viva è a terra per il periodo di manutenzione che quest’anno, per la prima volta, abbiamo deciso di far durare un po’ di più, con l’obiettivo di “far asciugare le ossa alla barca” e la conseguente asciugatura anche dei suoi abitanti che si ritrovano così ad essere terragnoli smarriti.

Quasi come se ci sentissimo in colpa nei confronti della barcuzza messa a terra e lasciata sola durante la notte, passiamo ogni giorno dalle sette alle dodici ore a bordo per portare avanti i lavori e cercare di tornare in acqua nel tempo previsto. Ovviamente però non c’entra niente il senso di colpa, anche perché la barcuzza sta ricevendo una quantità di cure ed attenzioni ragguardevole; c’entra invece quell’innominabile spauracchio che chiunque faccia cantiere conosce e teme profondamente, e che apotropaicamente tutti cercano di non nominare.*

Quindi non lo nominerò neanche io, dirò solo che è il motivo per cui abbiamo tenuto un margine di tempo di sicurezza giusto nel caso.

E così andiamo avanti tra interventi importanti e le classiche opere stuccoepittura: rollafiocco nuovo, ritocchino di vernice ad una botolina sotto il tavolo da carteggio che nessuno vedrà mai, coibentazione del frigorifero, installazione dei pannelli solari e quindi del rollbar, rifacimento della pala del timone, ricerca di un passpartout per la porta del bagno, smontaggio manutenzione e pulizia del gruppo elettrogeno…la verità è che fare cantiere ci devasta nello spirito e nel corpo ma ci piace moltissimo…

Mi fermo; questo è quello che avevo iniziato a scrivere ieri mattina seduta al sole dei tavolini del cantiere, provando a fare del mio meglio per rendere un’immagine verosimile della nostra vita di questi ultimi mesi e di cosa significa fare la manutenzione su una barca che ha appena compiuto trentatre anni.

Quanto segue potrà forse spiegare il concetto in maniera più chiara.

Come tutte le mattine eravamo arrivati in cantiere; io, distrutta dal lavoro del giorno prima di pulizia delle tank dell’acqua, avevo deciso di salire a bordo solo per salutare Fribo (il nostro nuovo animalino domestico che da due mesi fa la guardia in pozzetto) e fare acqua per lasciare i serbatoi pieni e poi prendermi qualche ora ai tavolini del cantiere per scrivere quanto sopra, mentre Anto sarebbe andato avanti con altri lavori.

E così avevo fatto: ero scesa, mi ero seduta, avevo aperto il computer, preso un caffè, letto il giornale, fotografato un uccellino, buttato giù due righe…lo spazio con i tavolini del nostro porticciolo in inverno è delizioso, il sole è gradevole, passano i conoscenti e si fanno due chiacchiere, qualche barchetta entra o esce; e io mi ero goduta la mia mattina di relax fino a quando non era arrivato Anto vestito da lavoro per prendersi un caffè e non aveva iniziato a sciorinarmi l’elenco dei lavori, facendomi passare l’ispirazione (che in realtà non era mai arrivata in maniera così decisa): venivo così assalita dal demone dell’operatività e svaniva ogni velleità di riposo. In un attimo ero a bordo con tutto il mio personale elenco dei lavori per la giornata in testa; ma prima, mi ero dimenticata!, dovevo togliere il tubo dell’acqua! “Hey, ma strano, sta ancora caricando…da quasi due ore!?

Insomma, alla fine della giornata per fortuna tutto era risolto: per fortuna si era verificato lo scenario meno drammatico, abbiamo trovato la perdita da un vecchio raccordo spezzato, chiaramente quello meno accessibile, issato la tank per sostituirlo (ancora un’altra gran fortuna che il raccordo si sia svitato senza farci dire molte brutte parole in lingue ai più sconosciute), sostituito il tutto, riposizionato la tank e aspirato ettolitri di acqua.

Gli ordinati elenchi dei lavori che avevamo in testa (Anto i suoi, io i miei e i suoi perché me li ripete regolarmente ogni quindici minuti) per quel giorno erano saltati.

Le sentine in compenso adesso sono pulitissime.

*mentre scrivevo queste righe mi interrogavo sulla portata della mia stoltezza

Nella foto Fribo, il nostro fedele frigoboat da guardia.

Cantiere Vita di bordo

Lascia un commento